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Momenti dAutunno / 2 foglie, musica,castagne, vino e libri

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Momenti d’Autunno / 2
(..foglie ingiallite e buona musica, castagne arrostite, vino e pagine di libri).

‘pluf’
(…caduta della goccia d’inchiosto)
sulla carta che inzuppa di nero
la pagina bianca
della memoria liquida
aperta nel diario della vita
che del vivere
conserva la macchia

Si protrae il tratto d’inchiostro blu sul filo dell’orizzonte immateriale come impalpabile confine tra sogno e realtà, punto focale di partenza e d’arrivo del viaggio che vorremmo intraprendere inseguendo le nuvole nei ‘quadri’ di Magritte (*), osservando “La forma delle Nuvole” di Goethe (*), e librarci in quelle “Sequenze di vento” di Bonacini (*), attraverso cadenze che dalla luce all’oscurità mutano verso il crepuscolo fino alla notte e oltre, di nuovo dall’aurora al pieno giorno in un ‘andare’ che assecondi ‘lo spirito del viaggio’ che noi, nomadi e migranti del mondo, ci portiamo dentro. La più evidente determinazione che si possa attribuire alla conoscenza senza porsi il problema della sua realtà.

«Come, più non s’inarca la vastità sovraterrena, ricca di forme, a tratti di forme priva?» (Goethe)
«E questo, che sembra concedere / un sogno di sogni a qualcosa che vedi / da un vetro in un velo, cos’è?» (Bonacini)

All’occorrenza le immagini del sogno e della fantasia vengono ordinate secondo il desiderio di evasione che sussiste in ognuno di noi, che è al tempo stesso fantastico e soggettivo come realtà identica a quella oggettiva dell’esperienza più concreta. Come dire che «..la coscienza sta al di là di questa opposizione, poiché non riconosce l’illusione come illusione, né la realtà come realtà, ma conosce solo il ‘contenuto’ della propria coscienza, che può essere tanto un dato reale quanto un’immagine fantastica.» (*) (Simmel).
Posta così la cosa, in questa assenza di alternativa, l’apparenza irreale risulta immediatamente intrecciata alla vita che verosimilmente concorre, a livello inconscio, a farci scoprire, senza distinzione alcuna, tanto l’ ‘essere’ quanto il ‘divenire’ della nostra esperienziale consapevolezza in cui lo ‘spirito del viaggio’ si manifesta. Quand’ecco allungarsi davanti ai nostri occhi, la linea che segna il confine con tutto ciò che si trova oltre la nostra identità, che va oltre il finestrino del treno, l’oblò dell'aereo, o della nave su cui stiamo viaggiando, per addentrarsi in ciò che esiste al di là del tempo e dello spazio, verso lo ‘sconosciuto’ che, forse, cambierà il nostro destino.

Composta da un ignoto autore in latino e pervenuta attraverso un numero considerevole di codici, databili dalla fine del IX al XV secolo, “La navigazione di San Brandano” (*) di autore anonimo, rifacente alla tradizione celtica dell’Irlanda evangelizzata. Diffusa secondo il genere letterario degli Echtrai, affine all’altro, detto degli Imram, l’autore affida allo ‘spirito del viaggio’ la sua andata per mare, che lo porterà verso ‘l’isola dei beati’ attraverso numerosi avvenimenti fantastici in una sorta di fusione biblica della Terra Promessa.
Allora che c’è di meglio di mettersi all’ascolto di “The Brendan Voyage”, la prima grande suite orchestrale di Shaun Davey (*) condotta da Noel Kelehan, composta per uilleann tubi e suonata da Liam O'Flynn, in cui sono presenti musicisti come Paul MacAteer, Garvan Gallagher e Tommy Hayes. La suite ben descrive la traversata atlantica del VI secolo di Saint Brendan fino al suo arrivo nel Nuovo Mondo.

Quanto basta per immergersi in una avventura oltre i confini della realtà. Un ‘viaggio’ si immaginario quanto magico, in cui la musica affronta il ‘mistero’ dell'imprevisto, dell'inatteso, dell'inspiegabile, quell’infinito e infinitamente vario che è nell’essere del mondo: «..il fatto semplice e immediato di ciò che le cose sono; e in questo senso, che l’essere è l’universale comune a tutti i contenuti del mondo, per quanto essi siano differenti e opposti.» (Simmel).
All’immaginario è dedicata una “Antologia della letteratura fantastica” curata da J.L.Borges, S. Ocampo, A.Bioy Casares (*) ricca di nomi prestigiosi della letteratura mondiale ed altri che riservano al lettore una gradita sorpresa, in cui è detto: «Forse la sua edizione in lingua italiana non produrrà miracoli o evocherà fantasmi. Pure, leggerla o rileggerla farà constatare, come gli ‘spettri’ non vengono solo dal passato remoto o prossimo, bensì richiama a un’identità (umanissima) posta al di fuori del tempo.»

In quel “..assieme schiariscono / i vetri d’acqua, riassorbiti in nuvole, / o da poco voltati, / come chi brilla fuori da quel nembo / impensierito / che il brusio lo bagni freddo; / e non lo dice spesso ma spesso non è, / non ha il sempre desiderato”.

«Così si ritorna alla poesia, all’ondulazione del senso… – nel modo in cui Giorgio Bonacini abbandona alla carta la sua riflessione critica a “Nuvolas” di Umberto Morello (*) – all’ondulazione del senso per incertezza di suoni, vacillamento della voce, incostanza del corpo che scrive ; e alla fine (sempre iniziale, sempre incompiuta) ci si trova, per metamorfosi del movimento umano, in quell’altalenante esistenza linguistica cui il poeta si affida e di cui è lucidamente , ma anche visionariamente, consapevole.»

La consapevolezza visionaria di ciò che non è (o che non c’è), che ha spinto Umberto Eco (*), nei suoi numerosi ‘romanzi’ a sfondo fantastico, alla compilazione di una “Storia delle Terre e dei Luoghi Leggendari” che l’autore stesso attribuisce alla fantasia di un narratore o di un poeta, riconoscendo così alla Poesia un precipuo ruolo culturale, per nulla inferiore a tanta letteratura pseudo-storica, e del suo preminente legame con la musica.
È così che Eco, inseguendo una, cento, mille, illusioni ha elencato in questo libro tutti quei luoghi di cui spesso abbiamo sentito parlare, ed altri che, entrati nella memoria collettiva dei popoli, appartengono oggi al ‘patrimonio universale delle cose materiali e immateriali’ che compongono il nostro bagaglio culturale, e che ancora sostengono ‘lo spirito del viaggio’ nella ricerca del migliore dei mondi possibili.

Un po’ come dire che: «..per viaggiare basta esistere” (Pessoa); così come lo è lo stesso vivere, ma anche scrivere di sé o di quello che sta attorno al sé dal punto di vista della molteplicità, nella sua forma universale. «È necessario comprendere quale prodigioso lavoro ‘spirituale’ sia raccolto in questo concetto, giacché l’infinita ricchezza del mondo, la cui molteplicità nessuno può pensare in una sintesi reale che, la disparità dei suoi contenuti sono un solo disegno, sotto la forza di questo unico pensiero che tutto è: l’astratta significazione dell’essere.» (Simmel).

Né puo mancare in una lista sul ‘fantastico’ che si rispetti “La Ballata del Vecchio Marinaio” di Samuel T. Coleridge (*) illustrata da Gustave Doré, qui presentata in tutta la sua potenza visionaria e fantastica nella versione di Mario Luzi, il quale, pur nella sua aderenza all’originale con testo a fronte, ne ha saputo dare un’interpretazione creativa più vicina alla sensibilità moderna. Inclusa nelle “Lyrical Ballads” nel 1798 insieme ai poemi di Wordswort, è considerata uno dei capolavori della letteratura romantica.
Si narra di come un vascello, oltrepassato l’Equatore, fu spinto dalle tempeste fino alla fredda regione del Polo Sud; e come di là fece rotta verso la linea dei Tropici nell’Oceano Pacifico; e delle cose meravigliose che avvennero e in che modo il Vecchio Marinaio fece ritorno al suo paese. Gustare le stupende incisioni di Gustavo Doré asseconda non poco la lettura di questo prezioso testo:

«Il marinaio racconta come la nave salpò verso sud con vento favorevole e tempo chiaro, finché raggiunse l’Equatore.»

“Il sole si levò dalla sinistra,
venne fuori dal mare!
E lucido rifulse, e sulla destra
si rituffò nel mare.
[…]
E si levò in quel punto la tempesta
furiosa, prpotente;
percossi dalle sue ali ci spinse
lungamente verso Sud …”

Agli amanti della musica ma, soprattutto ai ricercatori più fini, suggerisco l’ascolto del vinile “The Rime of the Ancient Mariner” in lingua inglese, musicato da David Bedford (*) narrato da Pobert Powell con il supporto di Mike Oldfield alla chitarra, per rinfrancarsi con l’originalità della narrazione. Un modo come un altro (meglio d’ogni altro) di spendere il proprio tempo libero in forma intelligente.

Dacché il cinema passa ripetutamente sui teleschermi di casa si è anche perso il gusto di guadarlo nella sua essenza artistica. Un po’ come il continuo passaggio delle ‘notizie stampa’ hanno destituito la lettura dei giornali cartacei, riducendo drasticamente l’importanza della lettura quotidiana che permetteva all’individuo un maggiore apprendimento della cultura tout-court.
Per quanto, poiché il meteo annuncia una certa ‘nuvolaglia’ in arrivo, tanto vale prepararsi per la pioggia, sopraffatto dall’attesa spasmodica dell’acqua che cade dal cielo per placare il ‘deserto della solitudine’ in cui, con gli anni si finisce per soccombere all’aridità dei nostri cuori, la sete di giustizia e finalmente andare incontro alla pace di questo nostro mondo frantumato dalle guerre. Ma non sarà l’Autunno con le sue foglie cadute, che hanno perso il loro colore, a restituirci la tranquillà tanto agognata, a placare quest’arsura che con la pioggia si posa sulla nostra anima in questo giorno imprigionato dall’inquietudine.

“Pioverà? Forse sì, forse no!” – mi chiedo.
Fuori della finestra, le foglie ingiallite volteggiano nel vento, come le nuvole ondose sembrano mettersi in moto, lentamente, come per partire …

‘nuvolaglia’ … a mystic’s dream (*)

vanno (penso riflessivo)
sospinte dai venti
fin dove aspirano andare
nella sospensione effimera del giorno
mutevoli
nella danza senza posa
nell’inseguito emisfero di luce
che ne svela l’arcano delle trame …

Nel frattempo, il calice (solo mezzo pieno) di vino rosso (del colore delle foglie che cadono) è adesso ricolmo in attesa dell’aperitivo serale. Nell’attesa che si avvicini l’ora di cena, inserisco nel lettore DVD “La tempesta” di William Shakespeare (*) della BBC Television Production, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, con un cast di attori inglesi di prima grandezza. È così che mi metto subito comodo e dalla lettura delle note introduttive alla ‘collana delle opere shakespiriane’ (*), apprendo quanto segue:

“Nell’universo intertestuale generato dall’opera di Shakespeare, ‘La tempesta’ occupa un posto privilegiato. Rappresentato per la prima volta a Corte nell’estate del 1611 è l’ultima opera dovuta inteamente al maestro, dopo la quale egli si ritirò a Stratford-upon-Avon per morirvi qualche anno dopo, nel 1616. […] Scritta quindi in forma psicologia e poetica forse testamentaria della vecchiaia, ‘La tempesta’, dopo tante esperienze umane e teatrali, è così ricca e problematica, così densa e polivalente da sfuggire a ogni definizione che ne assottigli lo spessore, ne attenui la suggestione, ne soffochi la voce.”
Fin dalle prime immagini della presentazione è il vento che soffia a scatenare ‘La tempesta’di mare che poi s’abbatte furiosa sulla nave e nei versi di Shakespeare all’apice della sua potenza espressiva, fornendo un’acuta indagine sui conflitti fra potere e controllo, illusione e realtà, natura e società, e tutto ciò che ne segue. E già ci sembra di affogare con tutto il bagaglio che ci portiamo dietro, per poi ritrovarci, infine, naufraghi su di un isola fantastica:

«Quante creature perfette son qui! E, come è bello il genere umano! Magnifico mondo nuovo, che ospita una tal gente!» (Shakespeare/Quasimodo)

E quasi ci beiamo, persi in quellEden ritrovato dove tutto è ancora possibile, perché tutto deve ancora accadere. Qui dove il vento non ci è nemico, bensì carezzevole.
Ma il racconto del vento riporta ad antiche note, onde ascoltarne la musica è insieme ascoltare la poesia, un ‘vocalizzo’ prolungato che sale dalle radici degli alberi e accarezzando le foglie le fa vibrare nell’aria, nel canto che dell’Autunno spinge la parola a quell’amore per la verità che ne definisce il pensiero, sicuramente il momento poetico più alto.

“George! Ti pare questo il momento di guardare un film alla TV, quando è quasi pronto in tavola?”
“Certo che no, veramente stavo appena guardando i titoli, la presentazione di un’opera di …”
“Ma per favore, delle volte mi meraviglio di te, sai essere talmente inopportuno, che guarda … tanto-tanto avessi messo su della musica, lo capirei.”
“Detto fatto, amore!” – dico, preso dall’inquietudine di Pessoa (*) già citato nel testo. Poi ripenso alle nuvole di Magritte (*): «Il mondo è cosi totalmente e meravigliosamente privo di senso che riuscire ad essere felici non è una fortuna: è arte allo stato puro.»

A questo punto mi dilungo un po’ e piazzo sul piatto dell’hi-fi il CD “Prospero’s Book” che Michael Nyman ha composto per la colonna sonora del film “L’ultima Tempesta”, di Peter Geenaway (*), una rivisitazione dell’opera di Shakespeare davvero inquietante.

Continua, in riferimento a:
“Non sperate di liberarvi dei libri”, il libro di Jean-Claude Carrière – Umberto Eco - Bompiani 2011 seguirà nella prossima puntata.


NOTE:

1)René Magritte, “Scritti” – Abscondita 2003
2)J.W. von Goethe, “La forma delle Nuvole” - Archinto 2017
3)Giorgio Bonacini, “Sequenze di vento” – Le Voci della Luna 2011
4)Georg Simmel, “Ventura e sventura della modernità” – Boringhieri 2003
5)Anonimo, “La navigazione di San Brandano” – Sellerio Edit. 1992
6)Shaun Davey, “The Brendan Voyage”, (vinile) Tara 3008
7)J.L.Borges, S. Ocampo, A.Bioy Casares, “Antologia della letteratura fantastica” – Editori Riuniti 1992
8)Umberto Morello, “Nuvolas” - Vincitore della XXXii edizione del Premio 'Lorenzo Montano' – Anterem Edizioni / Cierre Grafica 2018
9)Umberto Eco, “Storia delle Terre e dei Luoghi Leggendari” – Bompiani 2013
10)Samuel T. Coleridge, “La Ballata del Vecchio Marinaio” – Rizzoli 1973
11)David Bedford, “The Rime of the Ancient Mariner” (vinile) Virgin Rec. 1975
12)Giorgio Mancinelli, ‘nuvolaglia’ … a mystic’s dream, dalla silloge poetica “Arcana memoria dell’acqua” – Premio 'Opera Prima' - Anterem Edizioni / Cierre Grafica 2019
13)Fernando Pessoa, “Il libro dell’inquietudine” – La Feltrinelli Editore 1986
14)René Magritte, (op.cit.)
15)Peter Geenaway, “Prospero’s Books” – (film) DVD CG HOME VIDEO 199

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